13 Settembre 2019 Matteo Albrigi: “Nella crescita di Alteco, le persone sono al centro”
“Quando tu inizi a muoverti, anche le stelle si muovono. Significa che se hai una visione solida, se fai le cose per bene, le persone ti seguono”. Matteo Albrigi i suoi collaboratori li chiama così, “persone”, mettendo al centro prima di tutto la relazione con le persone. L’imprenditore, amministratore unico di Alteco, oltre che presidente della Piccola Industria di Confindustria Verona, ha ben chiaro l’importanza delle “persone” per il successo di un’azienda. Glielo ha insegnato il padre, al quale deve quel “biglietto di sola andata” che gli ha permesso di avviare la sua impresa assieme al fratello Massimo. E lo ha capito poi sulla sua pelle negli anni, quelli del successo ma anche quelli della crisi.
La storia di Alteco affonda le radici nell’attività imprenditoriale di suo padre…
La mia è una famiglia numerosa: sei fratelli, tutti fin da giovani ci siamo fatti le ossa nell’azienda di papà che, dopo aver gestito un negozio di ferramenta, nel 1955 aveva avviato la sua azienda di carpenteria in acciaio. Inizialmente realizzava serbatoi per il gasolio poi, con la crisi dell’edilizia, convertì la produzione in serbatoi per il vino e carpenteria generica in acciaio inox. Consapevole che il futuro era nella specializzazione, papà ha supportato i figli nel creare la propria realtà specializzata: ora le chiamano spin-off allora era semplicemente l’intuito di papà. Per noi era un biglietto di sola andata, dovevamo farcela a tutti i costi: lui ci dava una mano, ma saremo dovuti andare avanti da soli. Insomma, indietro non si tornava. Alteco è nata così, nel 1996.
Siete partiti in quattro, il primo bilancio, 500 milioni delle vecchie lire. Come furono i primi anni?
Eravamo io, mio fratello Massimo e due operai. Abbiamo continuato nella realizzazione di contenitori e impianti per la filtrazione di liquidi e gas. Inizialmente erano prodotti destinati al settore del vino. Solo successivamente abbiamo allargato il nostro raggio d’azione anche ad altri comparti, specializzandoci però in questa nicchia con l’obiettivo di diventare il punto di riferimento mondiale del nostro settore.
Come avete intuito le potenzialità del vostro business?
All’inizio non avevamo consapevolezza delle dimensioni del mercato e molti nostri clienti realizzavano questi prodotti in loro unità produttive. Con gli anni abbiamo lavorato su tutti i fronti affinché i nostri clienti trovassero tutta la convenienza di acquistare da noi e siamo riusciti a far comprendere i nostri vantaggi competitivi: oltre a economicità, qualità e velocità, possono contare su un’innovazione di prodotto che da soli non hanno convenienza a raggiungere. In questo modo siamo riusciti ad andare anche oltre confine e oggi esportiamo in 31 Paesi grazie anche ad impianti che, per dimensione e caratteristiche, si prestano ad essere spediti in tutto il mondo.
Imprenditori non si nasce, lo si diventa anche attraverso l’esempio. Quanto ha contato quello di suo padre?
Lui ha sempre avuto un’indole commerciale, attento alle opportunità del mercato e allo stesso tempo esempio di valori. Per me è stato un bel modello. Ha sempre mostrato un sincero interesse per i collaboratori, che noi preferiamo chiamare semplicemente “persone”: si ricorda di tutti e per tutti ha sempre una parola, un incoraggiamento, consapevole di quanto sia importante sentirsi gratificati. Da lui poi, io e i miei fratelli abbiamo ereditato valori che caratterizzano il nostro modo di essere imprenditori: la correttezza, il coraggio e la determinazione.
Valori che hanno dovuto fare i conti con tempi differenti e con mercati che oggi evolvono più rapidamente…
Quella di mio padre è stata un’epoca diversa. Eppure, lui ha sempre prestato attenzione al mondo e al mercato che cambiava. Lo ha dimostrato quando negli anni Settanta, con la crisi dell’edilizia, è passato dalla produzione di serbatoi destinati al gasolio a quelli per contenere il vino. Ora le evoluzioni del mercato sono più rapide, dobbiamo essere più audaci nel cambiamento e negli investimenti. Dobbiamo osservare con continuità il mercato, interpretarlo ed adeguare la strategia in un mondo che evolve a una velocità decisamente più elevata.
Questo comporta una buona dose di coraggio nelle scelte. Lei l’ha dimostrata nel 2015: cosa è successo in quell’anno?
Nel 2015 ho avuto l’opportunità di investire ulteriormente in Alteco assumendone il pieno controllo. Il primo periodo non è stato semplice, sapevo dove volevo arrivare ma non avevo ben chiaro le modalità e gli strumenti da utilizzare per raggiungere i miei obbiettivi. Ma era necessario un adeguamento della strategia, che tuttavia da solo non potevo affrontare. Ho iniziato ad investire analizzando il mercato per capire quali erano le potenzialità effettive del nostro settore a livello globale, fino dove avrebbe potuto spingersi il business. Ho rafforzato la struttura tecnico organizzativa, investendo sulla formazione e inserendo alcune persone con esperienza e professionalità elevata in modo da poter dare all’azienda la robustezza necessaria a sostenere la crescita. Mi sono impegnato nel delegare e dare sempre più fiducia alle persone, chiedendo però totale trasparenza: tutti devono essere in grado di svolgere il lavoro in autonomia con gli obbiettivi ben chiari, contando sempre sul supporto del proprio responsabile. La sfida è saper coinvolgere le persone, a tutti i livelli e orientarle verso gli obbiettivi, anche sfidanti. In questo modo il lavoro diventa gratificante, si hanno soddisfazioni.
Cosa è stato determinane in questo cambiamento aziendale?
Sicuramente non si impara a coordinare le persone dall’oggi al domani: ho dovuto formarmi anche io e, grazie anche al supporto di Cassiopea, capire come si gestisce una squadra, con la consapevolezza che tutto parte da me, che la responsabilità è mia. In secondo luogo ho deciso di formarmi sotto il profilo manageriale frequentando un Master in Business Administration di 500 ore con lo scopo di avere tutti gli strumenti tecnici necessari alla corretta gestione dell’azienda, gestire e promuovere i progetti di crescita cambiamento. Determinate comunque è stata la mia volontà nel voler investire in “cultura aziendale”, lavorando sul rafforzamento delle aree e dei processi in modo da raggiungere, pur essendo la mia una Pmi, livelli di competenza pari ai nostri clienti multinazionali.
Dopo la sfida del 2015, ne sta affrontando una nuova, quella della presidenza della Piccola Industria di Confindustria Verona. Con quali obiettivi?
Quando ho capito che c’era questa opportunità, ho pensato fosse il momento giusto per restituire a Confindustria quanto mi aveva dato. Gli imprenditori dell’associazione per me sono sempre stati un modello dal quale trarre ispirazione e anche nel Comitato della Piccola Industria ho trovato professionisti molto bravi con i quali stiamo organizzando iniziative interessanti. Il mio obiettivo è coinvolgere quanti più associati possibile e contaminarli di esperienze positive. Viviamo in un sistema, siamo condizionati da quanto avviene fuori e non possiamo restare in balia degli eventi: il mondo sta cambiando e io vedo tante opportunità davanti a noi.
In questi anni l’azienda è cresciuta per dimensione e per numero di clienti. Quanto hanno pesato gli investimenti in innovazione?
È fondamentale investire in automatizzazione, digitalizzazione e innovazione di business. In questo ambito, in termini di opportunità, ora non c’è più la differenza di un tempo tra piccola e grande azienda: le risorse si trovano, a volte manca la visione oppure le competenze manageriali. La nuova sede dell’azienda, con un magazzino di 5mila metri quadri, è stata scelta in un’ottica di crescita: uno spazio più ampio permette di affrontare commesse maggiori ed inserire macchinari per l’automazione. Allo stesso tempo, per essere competitivi, è necessario garantire un servizio di qualità ai nostri clienti: per questo sono fondamentali anche altri investimenti, per migliorare la logistica e assicurare consegne più rapide.
È una corsa continua?
Direi piuttosto che è uno stimolo continuo. Un’azienda non deve mai fermarsi: anche se per qualche anno il business funziona, non bisogna ‘sedersi’. I tempi cambiano e anche i mercati. Allo stesso modo è importante continuare a farsi le domande giuste, farle chiedendo aiuto alle persone giuste, portando in azienda chi è in grado di dare degli stimoli che vanno poi condivisi con chi ci circonda. Se hai un progetto solido, se fai le cose fatte bene, le persone ti seguono.