Corradini Group, un’azienda in evoluzione: “Il cambiamento parte dalle relazioni”

“La Marmi Corradini Group ha la mia età, 47 anni. Sono cresciuta in azienda e l’azienda è sempre stata al centro delle conversazioni in famiglia. La mia destinazione non poteva essere diversa”.

In realtà, il ruolo da amministratore delegato Cristina Corradini se lo è guadagnato. Dopo la laurea in economia e commercio ha iniziato a lavorare negli uffici amministrativi dell’impresa che porta il suo cognome, ha osservato il padre e il mondo del marmo che cambiava, in Italia e all’estero. E quando due anni fa ha preso in mano l’azienda, in un passaggio avvenuto in modo graduale, ha accelerato un cambiamento partito dalle relazioni. Quelle con i collaboratori e quelle con i clienti.

Lei ha assunto la guida dell’azienda in una fase di forte evoluzione del mondo del marmo…
Mio padre ha fatto questa scelta rendendosi conto che lo schema che per più di trent’anni aveva funzionato non andava più bene. Serviva un cambiamento. Un tempo gli ordini erano più semplici, richiedevano tempi più lunghi, avevano un valore più elevato: c’era una programmazione e una clientela solida. Da qualche anno a questa parte le commesse sono diventate più rapide e frazionate e tutta la nostra organizzazione ha dovuto adeguarsi.

In che modo?
Oggi c’è un controllo di gestione diverso ma anche un approccio differente al mercato, che richiede non solo attenzione alla qualità del prodotto ma anche alle esigenze del cliente. Sono cambiate le modalità di vendita e quelle di produzione. E noi ci siamo di conseguenza strutturati: ora i commerciali sanno che entro due ore devono rispondere ai clienti, c’è massimo impegno nella ricerca e selezione di materiali provenienti da tutto il mondo, attenzione alle esigenze specifiche di ogni singolo cliente, dal piccolo marmista alla grande azienda di distribuzione.

Come è stato vissuto in azienda questo passaggio generazionale?
È stato graduale, mio padre è tutt’ora presidente ed è quindi sempre al mio fianco. Tra noi c’è armonia e rispetto, mai nessun contrasto. Lui sapeva che, viste le mie competenze, sarei stata la persona adatta a ricoprire questo ruolo, e la stessa consapevolezza l’aveva anche la mia famiglia: mio zio, socio di mio padre, e i miei cugini che come mia sorella lavorano in azienda. Certo, in un ambiente maschile come il nostro, qualche perplessità si è sollevata. Ma sono sempre stata dell’idea che ciò che conta sono i risultati, quello che si dimostra. All’estero funziona così: nessuno si pone problemi di genere e alla guida di aziende si trovano molte donne. A contare sono i fatti.

La sua azienda lavora principalmente con l’estero. La presenza di nuovi competitor, spesso di grandi dimensioni, ha comportato la definizione di un nuovo mercato al quale rivolgersi?
Vent’anni fa la Marmi Corradini aveva registrato, come tutte quelle del distretto, una crescita esponenziale grazie alle lastre. Mio padre però, lungimirante, sosteneva l’importanza di continuare a fare i ‘marmisti’, di conservare cioè quelle competenze tecniche necessarie per realizzare progetti. Una intuizione che si è rivelata fondamentale in questi ultimi anni: è complesso essere competitivi a livello globale sui piani per le cucine, ma lo siamo sicuramente sui prodotti artigianali, per i quali è necessario elevato know how.

E oggi proprio i progetti sono quelli che permettono ad aziende come la vostra di essere ricercate, soprattutto dall’estero…
Al momento il 50 per cento della nostra produzione è rappresentato da lastre, semilavorati. Il resto è prodotto finito, ed è una percentuale cresciuta negli ultimi anni. Quella dei progetti è una nicchia di mercato sulla quale sempre più ci focalizzeremo nel futuro: è su questo che noi, esperti di pietra naturale, possiamo essere davvero competitivi. Abbiamo la cultura, le conoscenze per interloquire con gli architetti, la capacità di trovare la soluzione più adatta.

Questa trasformazione ha comportato un cambio di mentalità all’interno dell’azienda. È stato difficile?
Abbiamo una quarantina di dipendenti, alcuni sono qui da trenta, quarant’anni. Per loro non è stato facile. Ma se il messaggio viene trasferito nel modo giusto, viene percepito. Per raggiungere questo obiettivo ho lavorato molto sulle relazioni con i miei collaboratori, cercando di aumentare e migliorare il dialogo, creando un contesto armonioso nel quale ognuno trova un ruolo adeguato alle sue capacità. La collaborazione di Tiziana Recchia è stata fondamentale per attuare questo cambiamento di mentalità che ha coinciso anche con un cambiamento nell’organizzazione dell’azienda.

Una persona deve continuamente crescere: è un concetto che ripete spesso. È per questo che ha deciso di entrare a far parte del Comitato della Piccola Industria di Confindustria?
Per me è stata una opportunità nuova. La proposta è arrivata proprio da Tiziana Recchia e l’idea di provare questa esperienza mi è piaciuta. Nel comitato ho trovato colleghi di settori diversi, anche di età differenti, ma tutti accomunati dalla voglia di imparare, di apprendere, di confrontarsi. C’è un’apertura mentale alla quale non ero abituata, ma che ho trovato decisamente stimolante.

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