20 Ottobre 2015 Filippo Girardi, di Midac, incontra Cassiopea
Innovazione, ambiente e risorse umane, un mix vincente per il dopo crisi
Filippo Girardi, vicentino, si è diplomato all’istituto “Rossi” di Vicenza come perito elettrotecnico. Successivamente ha ottenuto una specializzazione in elettronica di potenza e ha quindi conseguito il Master in Business Administration al Cuoa di Altavilla Vicentina. Dopo il primo impiego nell’area tecnica di una società del gruppo Ansaldo ISE, si è trasferito alla SCE SpA, dapprima nell’area service e poi nell’ufficio commerciale. Il passaggio successivo è stato come responsabile vendite Nord-Est alla Control Tecniques SpA, una società del gruppo Emerson. Dirigente a soli 24 anni, l’anno successivo viene nominato direttore generale, il più giovane in 42 filiali al mondo. A 29 anni ha fondato EDM Engineering, specializzata nei sistemi di automazione per l’industria. In Midac dal 2001, ne è diventato il presidente e amministratore delegato.
Che azienda è Midac, in cosa consiste il suo business e qual è stata la sua evoluzione?
“Midac è sorta 25 anni fa a Soave, dove c’è ancor oggi la direzione e il suo sito produttivo principale. L’azienda è nata da una scelta lungimirante del gruppo Mastrotto, che cercava un investimento alternativo al proprio core business nel settore della concia delle pelli. Da allora Midac ha continuato a crescere diversificando la propria produzione, che era partita dalle batterie per avviamento nell’area automotive. Oggi l’attività principale della società è rappresentata dalle batterie per la trazione, seguite da quelle per backup di energia. Nei tempi recenti ci siamo allargati alle nuove tecnologie che puntano a superare l’utilizzo del piombo, come le batterie agli ioni di litio e altre ancora”.
Come definirebbe le caratteristiche principali della vision aziendale di Midac?
“Sicuramente ai primi posti ci sono la passione e la dedizione, ma anche il grande peso che attribuiamo all’innovazione per raggiungere l’eccellenza. Lo dimostra il fatto che nel corso del tempo il nostro brand è riuscito con costanza e determinazione a ritagliarsi un posto di tutto rispetto mercato europeo, dove compete senza timore con le grandi multinazionali in un settore così competitivo come le batterie industriali”.
Quali sono i punti di forza dell’azienda? Su quali prodotti sta puntando per il futuro?
“Siamo concentrati a migliorare sempre di più la batteria per trazione, che indubbiamente è il nostro prodotto di punta. Ma se parliamo di sviluppo, bisogna investire su prodotti che siano all’altezza dei requisiti attesi dal mercato e siano green, sostenibili: meglio ancora se riusciamo ad arrivarci per primi… Cerchiamo di colpire i clienti più attenti alle tecnologie innovative, come ad esempio batterie per carrelli elevatori che con il loro caricabatterie dedicato consentono un risparmio del 35% e un maggiore rendimento energetico”.
La tecnologia è l’innovazione più promettente, ma ce ne sono altre?
“Ci sono settori ancora di nicchia che però ci sembra giusto cominciare a presidiare, come l’utilizzo del litio anche in prodotti delle nostre fasce… anche perché in questo campo non sono ancora presenti i grandi produttori europei. Abbiamo comunque altri punti di forza, e la solidità aziendale è senz’altro fra questi. In un mondo sempre più spesso aggredito da crisi economiche di cui non si conosce esattamente la profondità, la solidità secondo me è un valore assoluto. Le faccio solo due esempi: non dipendere dal capitale di terzi è un fiore all’occhiello del nostro modello industriale, e ci permette di costruire con i nostri fornitori una relazione di lungo periodo, una collaborazione reciproca i cui vantaggi sono evidenti”.
Sul piano tecnologico e organizzativo quali potrebbero essere i nuovi sviluppi?
“Le ricerche in questo settore propongono uno scenario in costante movimento, ma quel ciò appare evidente è il percorso verso l’ibridazione tra i nostri prodotti e l’intelligenza artificiale. Si pensa ad esempio a batterie che utilizzino i nuovi strumenti di comunicazione digitale per “dialogare” con la macchina o l’ambiente nel quale operano e ottimizzare così i consumi. In altre parole, si punta a rendere i prodotti sempre più efficienti ed efficaci, in una nuova rivoluzione industriale che veda protagonisti i prodotti e il web”.
Guardiamo verso l’estero: anche per Midac ora più che mai il mercato è il mondo…
“E non potrebbe essere altrimenti: per noi non è una possibilità, è una necessità. Chi non internazionalizza viene escluso dal mercato, a meno che non controlli una nicchia assoluta e vincente. Midac nel corso del tempo ha visto trasformare il proprio modello produttivo e le vendite. L’Estremo Oriente ha acquisito sempre maggiore influenza e si è trasformato in un grandissimo mercato di sbocco, che offre buoni margini e dispone di clienti competenti soprattutto per i prodotti ad alto contenuto tecnologico e con un buon rapporto tra costi e qualità. Il grande gioco nei prossimi anni si svolgerà nell’area del Pacifico, e noi ci stiamo già muovendo: abbiamo aperto in Australia da solo tre mesi e siamo in utile”.
Midac non è solo business: siete schierati nettamente a favore dell’ambiente.
“Il nostro impegno in questo campo è fermissimo fin dal primo momento. Come membri di Eurobat, l’organismo europeo che raccoglie i principali produttori di batterie, abbiamo spinto per la firma di un protocollo d’intesa che porti alla riduzione delle emissioni. Tra queste spicca la diminuzione della presenza di piombo nella produzione di batterie entro la fine dell’anno prossimo sotto i limiti di legge fissati al 50%. La nostra, va sottolineato, è sì una tecnologia matura, ma che si è evoluta: le nostre batterie sono al 100% riciclabili, a differenza di quelle dei cellulari. L’obiettivo è raggiungere un autentico impatto zero, e il traguardo non è fuori portata: già oggi il 60% del piombo è riciclato”.
Qualità, efficienza, ricerca e sviluppo: quale area è più rilevante, e perché?
“Ne aggiungo una: le risorse umane. Sono gli uomini a fare la differenza, e il lavoro prima di tutto è dignità. Non a caso Midac investe soprattutto nelle persone, sia tra gli impiegati che in produzione. Tant’è vero che i dipendenti non solo sono stabili come numero, ma addirittura in crescita, anche grazie alle nuove forme di assunzione. Abbiamo valorizzato le opportunità del Jobs Act, ma noi le avremmo fatte comunque, perché sono le aziende a creare i posti di lavoro e non la politica, anche se le regole condivise ci facilitano il lavoro. Nei primi sei mesi dell’anno siamo cresciuti da 514 a 540, e altri ancora ne entreranno”.
Come si esprime, soprattutto sul territorio, la responsabilità sociale d’impresa?
“I nostri stakeholder nell’area di Soave rappresentano un fitto mondo di interlocutori ben consapevoli del fatto di poter beneficiare della presenza di Midac e delle sue solide radici. Al primo posto metto sicuramente e con grande piacere le famiglie. Pensiamo anche solo al lavoro: poter assumere 40 persone è come adottare altrettante famiglie che hanno la possibilità di crearsi un progetto di vita. In un paio d’anni abbiamo aumentato il personale del 20%, e ci siamo chiesti chi assumere. Devono essere prima di tutto competenti, certo. Ma abbiamo anche chiesto ai sindaci dei Comuni vicini: segnalateci casi di persone in stato di necessità da restituire a pieno titolo al tessuto sociale. Politiche di collaborazione e di dialogo che hanno effetti positivi su tutti. Inoltre per Midac responsabilità è anche essere pronti a intervenire in auto ai bisognosi anche nei Paesi più disagiati: in alcuni ospedali in Tanzania, ad esempio, le nostre batterie possono fare la differenza e salvare molte vite”.
Come presidente delle aziende metalmeccaniche di Confindustria Verona, quali sono le prospettive per il settore?
“Negli ultimi mesi i dati sono migliorati, con segnali positivi per la prima volta da tempo. La provincia va meglio della media nazionale, nonostante andamenti diversi tra i vari settori. La fase di uscita dalla crisi è delicata perché è il momento di superare la negatività e anzi di investire e credere nella tecnologia. La meccanica è essenziale per il manifatturiero, però le aziende devono innovare e adeguarsi ai mutamenti dell’economia mondiale. Oggi si può ripartire con successo anche perché la crisi ci ha restituito la consapevolezza del valore dei beni durevoli: ma dobbiamo migliorare le competenze e puntare all’eccellenza”.
In definitiva quale crede sia l’aspetto più importante del suo ruolo al vertice di Midac?
“Credo che per un imprenditore sia l’entusiasmo a fare la differenza. Dobbiamo credere e avere passione per spingere le nostre idee di sviluppo aziendale. Ci vuole la perseveranza e bisogna metterci amore, lo dico con grande convinzione. Ma l’importante è che sia tutto vero e non simulato, perché quando i collaboratori sentono questa forza c’è un effetto positivo, un contagio di vitalità. Se dobbiamo essere più bravi degli altri? Assolutamente no: il nostro compito è fare sintesi e cercare di rendere l’azienda indipendente da noi”.
Stefano Tenedini