22 Gennaio 2015 Patrizia Comello, Fonderie di Montorso, incontra Cassiopea
Qualità, ambiente, integrazione le nuove sfide dell’impresa.
“Nel mondo delle imprese si raccoglie quello che si semina. Il consenso che otteniamo tra i nostri clienti dipende in buona parte dalla nostra capacità di mantenere nel tempo il livello qualitativo della produzione e di vendere a un prezzo costante. Va anche sottolineato che chi come noi lavora in conto terzi deve saper scegliere bene i clienti, perfino rinunciando a quelli che non danno sufficienti garanzie per dedicarsi a chi ha più possibilità di crescita”.Perché ritiene così importante la politica dei prezzi per una crescita equilibrata?
“Mantenere i prezzi costanti significa anche avere la forza di dire che non si vende sotto costo: pur di lavorare molti lo fanno, ma è un lento suicidio e danneggia il mercato. Siamo già un settore in contrazione che per operare richiede qualità e solidità: chiediamoci se chi offre magari uno sconto del 20% può garantire l’eccellenza o poi non si trova – e ti mette – in difficoltà. Nei nostri prezzi sono compresi gli investimenti in qualità, sicurezza, ambiente e verifiche: io voglio puntare su una filiera pulita e onesta, non voglio strangolare i terzisti, così come non voglio essere strangolata dai miei clienti”.
Guardando avanti ha fiducia o è pessimista sulla ripresa dell’economia industriale?
“Spero che in prospettiva paghino un approccio responsabile e la coerenza di mantenere fermi i principi etici. Ma vedo abbastanza male questo mercato squilibrato, con distorsioni nella concorrenza oltre che giuridiche e sociali. Purtroppo la selezione tra le aziende non è ancora finita, secondo me: razionalmente dovrei concludere che di qui bisogna scappare… spiragli non ne vedo. Poi però penso che se ne possa uscire continuando a fare al meglio il proprio lavoro. Insomma, andiamo avanti facendo finta di essere in un Paese normale”.
Le imprese sono attrezzate per muoversi sui mercati? Cosa ci distingue?
““La competizione oggi si gioca su un terreno molto più esteso di un tempo. Il mercato non è più l’Italia, come minimo bisogna parlare di uno scenario europeo. Non è nemmeno una questione di dimensioni, perché in Germania e in Francia ci sono fonderie più piccole della nostra. Rispetto al passato anche la legislazione ambientale italiana ha fatto grandi passi in avanti: siamo più controllati noi di tanti altri Paesi concorrenti di nuova industrializzazione dove non si verificano le emissioni. Invece a noi i clienti dicono che siamo la fonderia più pulita che conoscono… In realtà noi italiani siamo bravi e crediamo nell’innovazione: noi stessi abbiamo sviluppato e affinato in casa un’avanzata automazione di processo”.
Che cosa serve oltre a una produzione di eccellenza? Quanto conta l’innovazione?
“Produciamo pezzi di alta qualità garantendo ai clienti un servizio flessibile. Sosteniamo la ricerca e lo sviluppo con l’obiettivo di portare lo standard di settore a un livello sempre più elevato. Svolgiamo controlli accurati durate le fasi del processo, perché la cultura della qualità impatta ogni aspetto della produzione, dalle materie prime al prodotto finale. Anzi, il nostro rapporto con i clienti è più una partnership che una fornitura, e ci piace pensare che non si tratta solo di business ma dell’opportunità di crescere insieme”.
Nel vostro campo la tutela dell’ambiente è un elemento sempre più centrale.
“Le imprese sono giustamente sottoposte a precise norme di salvaguardia dell’ambiente e la vigilanza sulle fonderie è stringente. Siamo controllati di continuo dagli enti preposti, che analizzano fumi, acque, polveri, rumori. Noi andiamo oltre: gestione, monitoraggio e contenimento dell’impatto ambientale dimostrano la nostra responsabilità e trasparenza a tutti i livelli. Ci apriamo all’esterno con gli open day, offriamo informazioni, riceviamo chi desidera farci visita per fornire direttamente risposte tecnicamente fondate. Rispettiamo l’ambiente anche pianificando la costante riduzione dei consumi energetici e idrici”.
Non sono molte le aziende che si sono dotate come voi di un bilancio sociale…
“Crediamo concretamente nella responsabilità sociale: abbiamo condiviso un codice etico, ci siamo dotati di un organismo che vigila sull’organizzazione, abbiamo redatto il bilancio sociale e sottostiamo a controlli indipendenti sulla tenuta dei conti, la qualità, la sicurezza e il rispetto dell’ambiente. Tutto questo dice agli stakeholder – clienti, fornitori, cittadini del territorio, consulenti, banche – come perseguiamo la creazione di valore. E soprattutto vogliamo garantire a chi lavora qui le migliori condizioni possibili di sicurezza e salute, con opportunità di crescita professionale e serenità sul luogo di lavoro, più l’apprezzamento e il rispetto per ogni mansione e la condivisione degli obiettivi strategici aziendali”.
Da questo discende anche l’impegno per l’integrazione dei vostri dipendenti stranieri.
“Oltre la metà dei nostri lavoratori è di origine straniera e noi facciamo tutto quanto è in nostro potere per favorire la loro integrazione. Non solo per migliorare la produttività e la sicurezza, ma perché siamo consapevoli che un loro reale inserimento è una risorsa per il territorio e per l’azienda. Anche perché chi è nato in Italia, tra i nostri dipendenti – che in maggioranza provengono dall’Africa, dall’India o dai Paesi balcanici – vorrebbe rimanere qui. Abbiamo investito molto in un modello di integrazione concreta, non solo per salute e operatività ma anche con quello che definisco “welfare aziendale”: corsi di italiano, abiti di lavoro confortevoli, incentivi mirati per la riduzione degli infortuni. Abbiamo infine iniziato un franco confronto con il sindacato per un vero e proprio cambiamento culturale”.
Una domanda d’obbligo nel suo ruolo di donna imprenditrice, partendo dall’esperienza personale. Quali difficoltà ha incontrato, e di quali punti di forza può avvantaggiarsi?
“In azienda il mio ruolo viene riconosciuto e rispettato e non percepisco alcuna differenza di trattamento. Io alle Fonderie sono entrata come azionista, dove mio marito era il leader di riferimento, e oggi sono presidente e amministratore delegato: non solo non ho trovato difficoltà, ma ho un rapporto che non esito a definire “materno” con i dipendenti. Direi che ho riscontrato più vantaggi che ostacoli. A dire la verità all’inizio ho trovato resistenze soprattutto in esponenti del settore: forse pensavano che la fonderia fosse un lavoro “da uomo” o temevano non avessi competenze specifiche. Ma adesso non succede più, anche perché ammetto subito che io di ghisa ne so poco ma mi occupo di tutto il resto! Più che sull’essere donna porrei quindi l’accento sull’essere un’imprenditrice, con la necessaria flessibilità e determinazione ma anche con il considerare la famiglia un team vincente”.